«Ora il mio sogno è vincere il Mondiale. Grazie a Dio, ho avuto la fortuna di vincere tutto a livello di club ed individualmente. L'unica cosa che mi manca è quella Coppa, ma so che arriverà il momento che la conquisterò». Queste parole dette da Lionel Messi in New Jersey (dove domani l'Argentina affronterà in amichevole gli Usa), subito rilanciate anche dai "media" brasiliani, hanno scatenato una serie di gesti e riti scaramantici nel paese cinque volte campione del mondo e che già si sente in tasca, per via del fattore campo che avrà nel 2014, il sesto titolo.
ARGENTINA MONDIALE - L'eventualità che il Mondiale possano vincerlo i "fratelli" dell'Argentina è vissuta con autentico terrore dai brasiliani, molto poco disposti a rivivere, e tanto meno a beneficio di Messi e compagni, l'esperienza del 1950, quando a trionfare nel Maracanà fu l'Uruguay di Varela e Schiaffino. Sarebbe una nuova autentica tragedia nazionale, ma il rischio c'è, non fosse altro perché all'epoca Messi avrà la stessa età di quando Maradona vinse i Mondiali messicani del 1986. Ripetere l'impresa del "pibe de oro" per l'asso del Barcellona vorrebbe dire superare il maestro al quale non vuole essere paragonato: ma a quel punto l'elenco dei titoli parlerebbe chiaro, e poi è stato lo stesso Diego a dire che Messi ha la sua medesima classe. Manca solo, appunto, quel titolo mondiale che lo consacrerebbe nell'Olimpo di tutti i tempi.
COPPA AMERICA - In attesa di vedere come andrà a finire fra tre anni in Brasile, l'Argentina ha preso a giocare un calcio più offensivo rispetto al passato, in cui Messi fa l'attaccante puro come nel Barcellona di Guardiola: «Con Batista sono stati alle Olimpiadi di Pechino (vinte n.d.r.) - ricorda Messi - quindi conosco le sue idee ed il suo stile di gioco. Vuole sempre che si giochi la "pelota". È bello lavorare con un tecnico che ti conosce bene». «Ma l'Argentina non sono certo solo io - continua l'asso con il numero 10 -: qui di giocatori buoni ce ne sono tanti, anche se purtroppo non abbiamo ancora conquistato trofei importanti. Ma adesso avremo una chance unica, quest'anno c'è la Coppa America in casa nostra, e vincerla sarebbe bellissimo, perchè faremmo felice tanta gente. Il fatto di giocare in casa ci metterà pressione addosso? A quella siamo abituati. C'erano moltissime aspettative su di noi anche nel 2007 quando la Coppa America si è svolta in Venezuela ed abbiamo perso in finale contro il Brasile».
NESSUNO RICONOSCE MESSI - Ma per Messi questa trasferta americana è stata anche l'occasione per vivere un'esperienza che non gli capitava da tempo, quella di poter girare per strada da perfetto sconosciuto, come una persona qualunque. Gli è successo quando, poco dopo il suo arrivo negli States, sfruttando la mezza giornata libera a disposizione è andato a farsi un giro per Manhattan: nessuno lo ha riconosciuto, e tanto meno fermato: «La possibilità di passeggiare per New York è stata un'ottima cosa - racconta l'asso argentino -. Ho potuto camminare ed attraversare la strada senza che nessuno mi fermasse o corresse dietro. È stato bello essere un ragazzo qualunque per la strada. Mi è piaciuto, lo ammetto: andare in giro senza essere riconosciuto mi ha dato un senso di libertà che non provavo da tempo. Mi era già successo una volta, quando sono andato con la mia famiglia a Los Angeles». Una riprova, le parole di Messi, che gli americani continuano a non seguire il calcio, visto che perfino il miglior giocatore del mondo, vincitore delle ultime due edizioni del Pallone d'Oro, può andare in giro per la Grande Mela senza che nessuno si accorga chi sia. Per farsi conoscere anche dagli americani Messi deve per forza vincere il Mondiale, e qui si ritorna al discorso iniziale.
SU MOURINHO - «Si parla tanto di Mourinho, ma a questo punto né io, né nessun altro al Barcellona gli diamo importanza». Dagli Stati Uniti Leo Messi tiene a far sapere di non dare troppa importanza alle parole del tecnico del Real Madrid, che non perde l'occasione di 'pungerè il Barça o lamentare presunti torti. Il tecnico del Real Madrid «dice tante cose, ma noi pensiamo ad altroU, ha precisato dal New Jersey la "pulce" al quotidiano argentino "La Nacion" alla vigilia dell'amichevole di domani tra l'Argentina e gli Stati Uniti. «Sono contento, le cose vanno bene sia al Barcellona sia con l'Argentina - dice ancora Messi -: in nazionale dopo i mondiali c'è stato un cambiamento, ma poco a poco abbiamo superato l'amarezza». «Diego Armando Maradona - ha poi detto Messi parlando del fuoriclasse di cui è considerato l'erede - è stato un giocatore unico. Da parte mia, cercherò di lasciare il mio nome nella storia del calcio. E tanto meglio se riuscirò, con fortuna, ad avvicinarmi fin lassù, vicino a Diego».
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